Il punto di vista dell’orrore
Acronimo di Point Of View (punto di vista), indica una tecnica proveniente dall’hard e basata sull’esclusivo utilizzo in soggettiva della camera di ripresa, ma ha finito per diventare l’”arma segreta” dei film dell’orrore a basso costo dopo essere stata sfruttata nell’acclamatissimo The Blair witch project – Il mistero della strega di Blair (1999) di Daniel Myrick e del succitato Sánchez, probabilmente influenzati dal meno noto The last broadcast (1998) di Stefan Avalos e Lance Weiler.
Del resto, se nei soli ultimi anni abbiamo avuto l’escursione nelle catacombe parigine di Necropolis – La città dei morti (2014) di John Erick Dowdle, il proto-slasher The gallows – L’esecuzione (2015) di Travis Cluff e Chris Lofing e gli ospedali psichiatrici di The atticus institute (2015) di Chris Sparling, ESP – Fenomeni paranormali (2011) dei Vicious brothers (Colin Minihan e Stuart Ortiz) ed ESP² – Fenomeni paranormali (2012) di John Poliquin, non possiamo certo dimenticare lo zombesco [Rec] (2007) di Jaume Balagueró e Paco Plaza.
da “REc” a “vhs”
[Rec] di Jaume Balagueró e Paco Plaza ha generato non solo una vera e propria saga, ma anche il rifacimento a stelle e strisce Quarantena (2008), messo in piedi dal già menzionato Dowdle che, oltretutto, ha contribuito al filone tramite The Poughkeepsie tapes (2007), finta ricostruzione – tra ritrovamenti di videocassette e testimonianze delle forze dell’ordine – della storia di un serial killer e delle torture inflitte alle sue vittime.
Un’operazione che potrebbe individuare i suoi modelli di riferimento ne Il cameraman e l’assassino (1992) di Rémy Belvaux, André Bonzel e Benoît Poelvoorde, girato in bianco e nero, e in The last horror movie (2003) di Julian Richards, con apparentemente mite fotografo appassionato di carne umana.
Ma dobbiamo obbligatoriamente tornare ai morti viventi per segnalare Diary of the dead – Le cronache dei morti viventi (2007) di George A. Romero, tra l’altro anticipato, nell’idea, da The zombie diaries (2006) di Michael G. Bartlett e Kevin Gates.
E, se il premio Oscar Barry Levinson ha fatto ricorso al POV per mettere in scena i disgustosi parassiti di The bay (2012), è impossibile non pensare che siano stati Paranormal activity (2007) di Oren Peli e le sue continuazioni a riportare al successo l’onnipresente soggettiva horror, sfruttata anche da William Brent Bell nell’esorcistico L’altra faccia del Diavolo (2012) e nel licantropico La metamorfosi del male (2013).
Mentre End roll (2012) di Daniele Misischia e Giacomo Gabrielli e i derivati blairwitchani The St. Francisville experiment (2000) di Ted Nicolaou e Il mistero di Lovecraft – Road to L. (2005) di Federico Greco e Roberto Leggio ci consentono di chiudere questa carrellata insieme a L’ultimo esorcismo (2010) di Daniel Stamm, i giovani violenti di Prank (2013) di Yiuwing Lam, il thriller casalingo Circuito chiuso (2012) di Giorgio Amato, The Gerber syndrome: Il contagio (2011) di Max Dejoie e Mockingbird (2014) di Bryan Bertino.
Senza contare che, dopo V/H/S (2012), Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett hanno confezionato La stirpe del male (2014) e Ti West The sacrament (2013), ispirato al massacro di Jonestown.