Con lo sguardo che si ritrova avrebbe potuto intraprendere la carriera di modello. Ma alle luci della passerella ha sempre preferito il buio dell’oscurità. Nato a Newton, (Massachusetts) nel 1972, Eli Roth ha scelto la strada del cinema, innamorandosi di quel genere fatto di poche luci e molte ombre: l’horror.
Horror is dead (but I am a zombie)
Folgorato a soli 8 anni dalla visione di Alien (1979) di Ridley Scott, si dice che Roth abbia realizzato ben 50 cortometraggi amatoriali ancor prima di varcare la soglia del liceo. Appassionatissimo di un genere che negli anni ’90 era ormai finito nel dimenticatoio, il regista dovrà aspettare il 2002 prima di poter realizzare il suo primo lungometraggio.
Forte della sua esperienza a fianco di David Lynch (che diventerà poi il produttore esecutivo del suo primo film) e come regista televisivo, Roth sbarca sul grande schermo con Cabin fever. Un esordio disturbante, purulento, corredato da un finale apocalittico, dove il citazionismo spazia da Romero a Craven, passando per Hooper e Raimi, mentre la colonna sonora è firmata da Angelo Badalamenti.
Soprattutto, un grande successo al botteghino che contribuì a inaugurare la sua carriera di regista cinematografico, rilanciando al contempo un genere che sembrava ormai perduto per sempre.
Non aprite quell’ostello
Nel 2006 arriva nelle sale Hostel, primo capitolo della fortunata trilogia prodotta da Quentin Tarantino. Eli Roth si sdebiterà con l’amico appena un anno dopo, realizzando il finto trailer -rigorosamente splatter- dal titolo Thanksgiving inserito all’interno di Grindhouse. Il loro sodalizio artistico proseguirà con Bastardi senza gloria (2009), dove Roth, diretto da Tarantino, veste i panni del sergente Donnie Donowitz.
Nel frattempo Hostel consacra il regista nell’olimpo delle star del gore: l’efferatezza dei suoi oscuri macellai mette a dura prova anche gli stomaci più forti, mentre ogni scena si trasforma in un’orgia di sangue e di tensione.
Sul prestigioso sito Ain’t It Cool News il collega Harley Knoles riconosce nei film di Roth l’impronta (di sangue) del regista giapponese Takashi Miike, definendo il suo stile come un eccezionale esempio di “Gore Noir” in puro stile americano. “Questo è un grande film horror americano e la premessa di un regista decisamente temibile”-scrive Knoles a proposito di Hostel-” Sono molto curioso di vedere cosa farà nel prossimo”.
In tutta risposta, il regista torna il 24 settembre con The Green Inferno, una nuova, grande lezione sul genere splatter. Qual è il tuo film preferito di Roth, finora?