A partire dal 17 gennaio 2019, grazie a Midnight Factory, l’etichetta di Koch Media dedicata al genere horror, thriller e fantasy, arriva in home video Revenge di Coralie Fargeat.
Il film sarà disponibile in tre diverse versioni: DVD limited edition, Blu-Ray limited edition e Steelbook ultralimited edition con disco Blu-Ray e CD della colonna sonora, tutte corredate da un booklet d’approfondimento.
Con protagonista la straordinaria rivelazione Matilda Lutz, è uno dei più recenti esempi di lungometraggio basato sullo stupro e la vendetta, con una evoluzione della figura della donna, che da preda si trasforma in sanguinaria eroina prendendosi sulle spalle il proprio destino.
Una figura su cui la Settima arte ha avuto modo di costruire non poche storie. Rispolveriamone insieme dieci, in ordine cronologico.
Non violentate Jennifer (1978)
Diretto da Meir Zarchi e conosciuto in patria con i titoli I spit on your grave e Day of the woman, è uno dei titoli più famosi del filone rape & revenge, grazie alla sua esile trama riguardante una giovane scrittrice interpretata da Camille Keaton che, ritiratasi tra i boschi, attua una feroce vendetta nei confronti di coloro che ne hanno sessualmente abusato.
Feroce vendetta che, tra evirazioni e, addirittura, un’elica di motoscafo usata come arma, ha finito per generare nel 2010 il riuscito remake I spit on your grave – Non violentate Jennifer, a firma dello stesso Steven R. Monroe poi occupatosi di I spit on your grave 2, succeduto da I spit on your grave 3: Vengeance is mine di R.D. Braunstein.
Mentre il regista originale Zarchi è al lavoro su I spit on your grave: Deja vu, seguito diretto del capostipite che rivedrà in scena la Keaton, quest’ultima è tornata già a vestire nel 1993 i panni di Jennifer nel mediometraggio Savage vengeance di Donald Farmer, sequel non ufficiale.
L’angelo della vendetta (1981)
La compianta Zoë Lund è Thana, ragazza impiegata in una sartoria che, violentata due volte, prima uccide uno dei suoi stupratori, poi, sottrattagli una pistola calibro 45, si trasforma da giovane timida a sexy sterminatrice di uomini; fino a vestirsi da suora in una festa in maschera dove spara i suoi ultimi colpi.
Abel Ferrara, dietro la macchina da presa, concretizza uno dei suoi tipici ritratti delle squallide periferie americane, due anni dopo lo splatter esordio The driller killer che, come quest’opera seconda, guardava in maniera evidente allo scorsesiano Taxi driver.
Angel killer (1984)
Riservata studentessa di giorno, prostituta di notte, la minorenne Molly detta Angel, interpretata da Donna Wilkes, decide di eliminare il misterioso psicopatico che sta accoltellando le sue colleghe di marciapiede.
Un travestito e un ex controfigura del cinema armato come in un film western aggiungono un bizzarro tocco a un mediocre e poco memorabile thriller che, diretto da Robert Vincent O’Neill, ha dato il via a una vera e propria saga.
Nuda vendetta (1985)
Sanguinosa scopiazzatura di Non violentate Jennifer, ne ricalca plot e ambientazione con una donna che, in questo caso incarnata dalla Deborah Tranelli del popolare telefilm Dallas, viene violentata e ridotta quasi in fin di vita quando va a trovare i genitori.
Sotto la regia del prolifico Cirio H. Santiago (I guerrieri delle dune e Angel fist – Vendetta marziale), intraprende una spietata caccia ai bruti.
Oltre ogni limite (1986)
Sotto la regia di Robert M. Young, la Farrah Fawcett che fece parte delle Charlie’s angels televisive è Marjorie, la quale, impiegata in un museo e convivente con due amiche, prima viene aggredita in casa da un rapinatore che le aveva precedentemente sottratto borsetta e documenti e che lei aveva denunciato senza successo alle forze dell’ordine; poi riesce a legarlo e a sottoporlo a violenze fisiche e mentali.
Angel of vengeance (1987)
In viaggio verso la baita di montagna dove un tempo viveva il padre, ufficiale dei Berretti verdi morto durante la guerra del Vietnam, una giovane donna finisce violentata da una combriccola di folli contro i quali, poi, si scaglia vendicativamente seguendo il diario di sopravvivenza e abbattimento del nemico lasciato proprio dal padre.
Iniziato dal Ray Dennis Steckler responsabile del trash cult The incredibly strange creatures who stopped living and became mixed-up zmbies!!? e terminato dal Ted V. Mikels cui si deve tanta altra spazzatura cinematografica (citiamo soltanto The astro-zombies e i suoi tre sequel), è un altro esempio di exploitation a bassissimo costo che, a differenza dei precedenti rape & revenge, sembra tentare anche di abbracciare la allora dilagante moda rambiana caratterizzando l’estetica della protagonista come un’armatissima guerrigliera.
They call me macho woman! (1991)
Diretta da Patrick G. Donahue, è una produzione della trashissima Troma in cui, a lungo inseguita e poi aggredita da un gruppo di balordi di campagna, una mite lavoratrice di città si trasforma in guerriera con armi bianche. E lo “stile Troma” della messa in scena regna sovrano.
Kill Bill vol. 1 e 2 (2003 – 2004)
Conosciuta con il nome in codice Black Mamba ed ex membro del gruppo di killer noto come Deadly Viper Assassination Squad (DiVAS), la “sposa” alias Uma Thurman si risveglia dal coma quattro anni dopo che lo spietato Bill, capo della squadra e suo ex amante, durante le sue nozze ha sterminato tutti i presenti, compreso il figlio che lei portava in grembo. Riacquisite le capacità motorie e indossata l’iconica tuta gialla del Bruce Lee de L’ultimo combattimento di Chen, si mette, armata di spada, sulle tracce dei diversi componenti della DiVAS.
Al servizio di un coinvolgente dittico sulla vendetta che il geniale cineasta Quentin Tarantino, a suon di immancabili omaggi cinefili (dal logo della casa di produzione Shaw Bros posto in apertura a rimandi agli horror di Lucio Fulci), scinde perfettamente concretizzando un primo film che guarda chiaramente ai samurai movie degli anni Sessanta e Settanta, con tanto di penetranti lame dal “sapore” fallico, e un secondo maggiormente vicino al look di un moderno western (e non mancano i temi musicali presi in prestito dal nostro vecchio cinema di genere, da Riz Ortolani, a Louis Bacalov, ad Armando Trovaioli).
Il buio nell’anima (2007)
Diretta da Neil Jordan, Jodie Foster è Erica Bain, la quale, morto il marito nel corso di un’aggressione da parte di una banda di malviventi, si procura una pistola e decide di fare piazza pulita dei delinquenti che infestano le strade di New York.
Mentre Terrence Howard interpreta il detective Sean Mercer, impegnato ad indagare sull’attività del misterioso giustiziere notturno, prende quindi forma una storia di violenza metropolitana a stelle e strisce che, con evidenti rimandi a Il giustiziere della notte e Taxi driver, ricorre a uno stile decisamente anti-spettacolare per evitare che il risultato finale venga accostato a prodotti volti al facile intrattenimento.
Reversal – La fuga è solo l’inizio (2015)
Dal volto di Tina Ivlev, la giovane Eve si ritrova incatenata ad un materasso all’interno di una misteriosa e squallida stanza, rapita da un certo Phil incarnato da Richard Tyson.
Da qui, con la ragazza che riesce a liberarsi, il regista José Manuel Cravioto costruisce una serrata fuga-lotta tra vittima e carnefice destinata a far ribaltare continuamente i due ruoli per denunciare i segreti spesso nascosti dietro l’apparentemente linda facciata delle società civili.