Tra i grandi classici horror ci sono poi quelle pellicole dove il sangue non scorre a fiumi, e lo splatter lascia il posto all’inquietudine: quei capolavori nei quali il terrore si insinua tra le mura domestiche, nel cuore della famiglia, nel nido sicuro per antonomasia. Babadook, dal 15 luglio al cinema, si inserisce appieno nel meglio di questa tradizione.
Sulle orme di Polanski
A qualcuno saranno venuti in mente i fotogrammi indimenticabili e inquietanti di Shining: il ghigno mefistofelico di Jack Nicholson, le inquadrature perfette e crudeli di Stanley Kubrick. Ad altri, invece, le opere migliori di Roman Polanski. Una su tutte: Rosemary’s Baby, anno 1968, con protagonista Mia Farrow,
Una madre e un figlio che deve nascere lasciano il posto a una vedova e al suo bambino in Babadook. Proprio il piccolo Samuel è il motore dell’horror psicologico firmato da Jennifer Kent: ossessionato dal personaggio di un libro per bambini – Mr Babadook – trascinerà la madre in un vortice di paura.
«Non farlo entrare» grida il piccolo… quello che non sa è che il terrore ormai abita già nella sua casa.