La sindrome di Dorian Gray
Cosa succede quando il mito di Dorian Gray, plasmato dallo scrittore Oscar Wilde, arriva al cinema? Il risultato è un horror scintillante, un incubo al neon che mette in luce tutta la follia che spesso si nasconde dietro al bene effimero della bellezza.
“La bellezza è una valuta sempre in crescita, mai in perdita” – ha dichiarato il visionario Nicolas Winding Refn– “Nel corso della nostra evoluzione, la bellezza si va esaurendo, mentre noi ne siamo sempre più ossessionati. E questa ossessione conduce ad una follia tutta particolare”.
Proprio come il personaggio creato da Oscar Wilde, anche le protagoniste di “The Neon Demon” saranno disposte a tutto pur di eternizzare la loro giovinezza. E, in mancanza di un quadro che invecchi al loro posto, metteranno in atto una serie di pratiche ancor più sconvolgenti.
Riflessi di morte
“Negli ultimi anni ho pensato spesso ad un film che fosse incentrato sulla bellezza, perché ne sono circondato ogni giorno” – ha dichiarato ancora Refn, riferendosi a sua moglie, la filmmaker Liv Corfixen, alle sue due glie e alle numerose attrici e modelle che ha incontrato come regista- “Mi rendo conto di come la bellezza sia strumento di potere nelle mani delle donne”.
Per chiarire questo concetto, Refn prende come riferimento il mito greco di Narciso, che si innamorò a tal punto del proprio aspetto da annegare nel fiume in cui rimirava la sua immagine riflessa.
Sempre Oscar Wilde, citato anche ne “L’alchimista” di Paulo Coelho, immagina come le ninfe e il fiume si disperassero in seguito alla morte del bel giovane: “Io piango per Narciso, ma non mi ero mai accorto che fosse bello” -dichiara a un certo punto il fiume-“Piango per Narciso perché, tutte le volte che lui si sdraiava sulle mie sponde, io potevo vedere riflessa nel fondo dei suoi occhi la mia bellezza”.
IL demone della bellezza al cinema
Noto per il talento con cui ama sovvertire i generi cinematografici più popolari, dai drammi carcerari (Bronson, 2008) alle avventure storiche (Valhalla rising – Regno di sangue, 2010), dai thriller d’azione (Drive, 2011) alle storie di vendetta (Solo Dio perdona, 2013), Refn ha voluto nuovamente mettersi alla prova: girare un horror onorando e, al contempo, sfidando il canone di questo genere tradizionale. “Come servirsi degli elementi tipici dell’horror sovvertendone l’ordine classico? È possibile un horror senza l’orrore?”.
Per scoprirlo, vi diamo appuntamento nelle sale italiane l’8 giugno con un film unico nel suo genere, dove l’ossessione per la bellezza diventa l’orrore più atroce che possiate immaginare.