Distribuito da Koch Media nella collana Midnight Factory, sarà disponibile a partire dal 26 Luglio 2018 la limited edition a triplo blu-ray e triplo DVD de Il Tunnel dell’Orrore – The Funhouse che, diretto nel 1980 dal compianto Tobe Hooper, come il titolo stesso lascia intuire si svolge all’interno di un’attrazione da brivido di un luna park, con protagonisti dei giovani alle prese con un mostruoso e pericoloso essere. Ma ricordiamo che, al di là delle sue numerose escursioni nell’ambito dei telefilm (citiamo soltanto Freddy’s nightmares e Masters of horror), il cineasta di Los Angeles – considerato, a partire dagli anni Settanta, uno dei maestri del nuovo horror, insieme a George A. Romero, John Carpenter e Wes Craven – vanta una non indifferente filmografia di lungometraggi di paura concepiti per il grande e il piccolo schermo.
In principio fu Leatherface
Rispettivamente datate 2009 e 2013 e, praticamente, quasi invisibili, le sue ultime due fatiche sono state lo zombie movie Destiny express redux e Djinn, incentrato sugli esseri soprannaturali della tradizione islamica suggeriti dal titolo; ma, come è risaputo, è stato Non aprite quella porta, nel 1974, a consegnarlo alla storia della paura in fotogrammi.
Ispirandosi alla figura del contadino necrofilo e cannibale Ed Gein cui, già nel 1960, Alfred Hitchcock fece riferimento per creare il suo Norman Bates di Psycho, Hooper introdusse attraverso quell’indiscutibile capolavoro il sanguinario Leatherface dalla maschera di pelle, che, abbigliato da macellaio, armato di motosega e affiancato da una famiglia di altrettanto folli mangiatori di carne umana, nel trucidare un gruppo di giovinastri si è trasformato in una delle icone della celluloide dell’orrore, contemporaneamente ai successivi Michael Myers, Jason Voorhees e Freddy Krueger.
Non a caso, è tornato all’opera in diversi sequel, remake e prequel, dei quali, però, Hooper, pur figurando quasi sempre in produzione, ha firmato soltanto Non aprite quella porta parte 2, datato 1986 e infarcito d’ironia nel porre una dj e un ranger dalle fattezze di Dennis Hopper contro la “saw family”.
Coccodrilli, mostri dello spazio e poltergeist
Ma, rimanendo nell’ambito di film sporchi derivati da fatti veri, guardando al serial killer Joe Ball che, negli anni Trenta, pare avesse ucciso molte persone per poi darle in pasto ai suoi alligatori, già nel 1976 mise in piedi Quel motel vicino alla palude.
E, se ai coccodrilli assassini è tornato soltanto nel 2000 con lo straight to video Crocodile, a base di tipico massacro eco-vengeance di ragazzi in vacanza, nel 1979 aveva cominciato ad interessarsi a tematiche extraterrestri, grazie alla regia non accreditata de Il buio, attribuito solamente a John ‘Bud’ Cardos.
Tematiche che ha poi abbracciato in Space vampires, tratto nel 1985 da un romanzo di Colin Wilson e riguardante tre creature umanoidi approdate a Londra per succhiare l’energia vitale ai terrestri e renderli morti viventi, e Invaders, del 1986.
Remake del classico degli anni Cinquanta Gli invasori spaziali di William Cameron Menzies, quest’ultimo lascia tranquillamente intravedere l’influenza da parte di una certa cinematografia spielberghiana di allora nell’inscenare la lotta di un ragazzino contro gli alieni, impegnati a manipolare le personalità umane.
Del resto, l’autore di E.T. – L’extraterrestre gli produsse e sceneggiò nel 1982 Poltergeist – Demoniache presenze, che, generatore di due continuazioni per mano di Brian Gibson e Gary Sherman e di un rifacimento, raccontava di una famigliola americana perseguitata da fenomeni paranormali nella sua nuova abitazione, a quanto pare costruita su un vecchio cimitero.
De Sade, King e… sangue!
Storia di una famiglia destinata ad avere a che fare con cadaveri più vivi che morti nel gestire una società di pompe funebri, il dimenticabilissimo Il custode è stato nel 2005 uno degli ultimi lavori hooperiani, un anno dopo La casa dei massacri, rilettura dello slasher Lo squartatore di Los Angeles, diretto nel 1978 da Dennis Donnelly.
Titoli sfornati successivamente al trittico anni Novanta costituito da Spontaneous combustion – I figli del fuoco, incentrato nel 1990 su un tizio emanante fiammate nei momenti di ira, l’incubo erotico proto-Ken Russell Night terrors, anche conosciuto come Le notti proibite del Marchese De Sade, del 1993, e The mangler – La macchina infernale, tratto nel 1995 dal racconto di Stephen King Il compressore e con Robert Englund in aria di metafora sulla sete di potere a base di mangano ammazza-gente.
Piccoli brividi… per piccoli schermi
Le pagine di King, tra l’altro, hanno anche segnato l’ingresso del regista nell’universo del tubo catodico, nel 1979, con la mini-serie vampiresca Le notti di Salem, circolata in Europa, inoltre, come lungometraggio unico per il cinema.
Universo per il quale, a proposito di tv movie, ha firmato nel 1993 Body bags – Corpi estranei insieme a John Carpenter (e Larry Sulkis non accreditato), dirigendo le parti di raccordo con quest’ultimo nei panni di uno zombi narratore e l’episodio in cui il Mark Hamill della saga Star wars si ritrovava trapiantato l’occhio di un serial killer, con le inevitabili conseguenze.
Senza contare Vestito che uccide, tratto nel 1990 da un racconto di Cornell Woolrich e riguardante un abito ricavato da un’antica veste cerimoniale azteca e capace di trasformare chiunque lo indossi in essere privo di inibizioni e freni morali, e L.A. story – Paura a Los Angeles, datato 1999 e che, nonostante il titolo, puntava in realtà allo humour nel raccontare l’incontro tra un nuovo amministratore di condominio e gli eccentrici inquilini dello stabile in questione.