Distribuito da Koch Media attraverso la sua etichetta Midnight Factory, dedicata ai film dell’orrore, arriva nelle sale cinematografiche italiane dal 6 dicembre La casa delle bambole, ultimo lungometraggio diretto da Pascal Laugier, regista che non ha impiegato molto tempo a trasformarsi in uno dei nomi di punta della paura in fotogrammi d’oltralpe.

Per i pochi che non lo sapessero ancora, scopriamo insieme chi sia Pascal Laugier.

Cominciò tutto dal patto… dei lupi!

Avete presente il Christophe Gans che, originario di Antibes, ha diretto, tra gli altri, l’action movie d’arti marziali Crying freeman e la trasposizione cinematografica del videogioco Silent hill?
Possiamo dire che tutto è cominciato da lui, in quanto, osservatore di nuovi talenti per la rivista francese Starfix, prima ha notato Laugier – nato il 16 ottobre del 1971 – grazie al cortometraggio d’esordio Tête de citrouille, risalente al 1993, poi lo ha reso proprio assistente per lungo tempo; fino a proporgli di realizzare nel 2001 un documentario atto a fornire il dietro le quinte del suo Il patto dei lupi, pellicola in costume ambientata nel 1764 e interpretata da Vincent Cassel e Monica Bellucci.
Stesso anno in cui il buon Pascal, sempre sotto la produzione di Gans, ha firmato il fanta-short 4ème sous sol, anticipando il proprio debutto registico nel lungometraggio datato 2004: Saint Ange.

L’inquietante orfanotrofio di Saint Ange

Ed è sempre Gans a produrre l’esordio laugieriano ambientato nel 1958 e nel cui cast, nei panni di una rigida direttrice di orfanotrofio, troviamo addirittura la Catriona MacColl che i fan del maestro dello splatter tricolore Lucio Fulci ricordano bene per le sue partecipazioni in Paura nella città dei morti viventi, …e tu vivrai nel terrore! L’aldilà e Quella villa accanto al cimitero.
Orfanotrofio che è, in realtà, fatiscente e che, sito sulle Alpi francesi, è disabitato da quando tutti i bambini sono stati trasferiti altrove.
La giusta, inquietante scenografia in cui viene assunta la giovane e solitaria Anna incarnata da Virginie Ledoyen, impegnata a tenere nascosto il proprio stato interessante e che, dopo aver instaurato un rapporto d’amicizia con la disturbata Judith alias Lou Doillon, viene informata da una piccola orfana a proposito di alcuni bambini che a quanto pare fanno paura.
Man mano che, tra misteriose voci e passi avvertibili nel posto, la ragazza si decide a cercare di far luce su cosa sia avvenuto lì in passato; nel corso di una ghost story destinata ad evolversi lentamente senza offrire nulla di particolarmente originale, ma testimoniando già la raffinatezza narrativa di colui che si trova dietro la macchina da presa, in questo caso oltretutto anticipatore del britannico 1921 – Il mistero di Rookford, firmato soltanto sette anni più tardi da Nick Murphy.

La feroce critica sociale di Martyrs

Laugier si è guadagnato un posto di rilievo nell’ambito dell’horror proveniente dalla Francia grazie a Martyrs, passato nel 2008 perfino sugli schermi del Festival Internazionale del Film di Roma.
Un’operazione completamente differente dalla precedente, in quanto brutale ed estrema fin dalla sua apertura, con una ragazzina che, prima, troviamo correre urlante e sanguinante perché, probabilmente, vittima di un’aggressione ma priva di tracce di violenza sessuale sul corpo, poi, quindici anni dopo, vediamo uccidere un’intera famiglia in casa, a quanto pare responsabile del suo rapimento.
Soltanto l’inizio della triste vicenda di due amiche dalle fattezze di Morjana Alaoui e Mylène Jampanoï, approdante ad un epilogo spaventosamente legato alla quotidiana e crudele realtà che spesso si nasconde dietro la ipocrita e apparentemente linda borghesia delle civiltà industrializzate del terzo millennio.
Tra momenti che sembrano rimandare a Dario Argento e disturbanti situazioni da torture porn, ma conquistando l’attenzione dello spettatore soprattutto tramite una sceneggiatura capace di spiazzarlo di continuo, grazie alla sua struttura tutt’altro che classica.
Kevin e Michael Goetz ne hanno messo in piedi nel 2015 un rifacimento di produzione statunitense.

Dai bambini di Cold Rock a Mylène Farmer

Del resto, oltreoceano il cineasta già aveva avuto modo di farsi scoprire nel 2012 grazie al suo primo lavoro girato in lingua inglese: I bambini di Cold Rock, immerso, appunto, nella cittadina del titolo.
Cittadina in cui i superstiziosi abitanti attribuiscono ad un misterioso boogeyman denominato “Uomo alto” la misteriosa, progressiva sparizione dei bambini, che non fanno più ritorno a casa.
Fino al momento in cui, nel ruolo di un’infermiera, Jessica Biel si getta all’inseguimento di una ignota figura nera che le rapisce il figlio nottetempo, per poi coinvolgere nelle indagini anche uno sceriffo e un determinato tenente.
Al servizio di una sorta di moderna favola nera che, con suspense e movimento tutt’altro che assenti e una affascinante ambientazione ad impreziosirne ulteriormente la visione, guarda più al thriller che all’horror in senso stretto, offrendo anche stavolta una denuncia da grande schermo nei confronti della pericolosità rappresentata dal sempre protetto potere della società borghese.
Senza ricorrere agli eccessi sanguinolenti di Martyrs e rimanendo l’ultima fatica cinematografica di Laugier prima del suo ritorno in sala, appunto, con La casa delle bambole.
Perché, sebbene sia stato più volte detto che si sarebbe occupato del remake dello splatter cult barkeriano Hellraiser, lo si è visto impegnato a dirigere, nel frattempo, soltanto un episodio della serie televisiva XIII: The series e il videoclip City of love per la cantautrice Mylène Farmer.

Non ti resta che scoprire quanto dei vecchi film di Pascal Laugier si possa ritrovare in La casa delle bambole, dal 6 dicembre al cinema!