Il demone che giace sopra di te
“Cosa vedi quando spegni la luce?“, si chiedevano i Beatles nella canzone With A Little Help From My Friends. E la risposta non poteva che essere una sola: “Non riesco a spiegarlo, ma so che è mio”. Non è un caso, infatti, che la parola “incubo” derivi dal latino “in-cubare”, ovvero “giacere sopra”, riferito allo spirito maligno che si credeva posarsi sul dormiente.
Secondo gli antichi, questo essere demoniaco assumeva fattezze umane e giaceva con i vivi durante il sonno: una sorta di uomo nero che opprimeva i sogni degli uomini, trasformandoli in atroci visioni. Nell’antica Roma questi demoni erano considerati i custodi dei tesori della terra: per farsi rivelare i luoghi dove erano sepolti, bisognava impadronirsi del cappello indossato dal demone. Chi riusciva nell’impresa, quindi, finiva per impossessarsi dei loro segreti.
Visioni demoniache
Ma cosa succede quando si riesce a rubare “il cappello” al demone? Nel 1816 il poeta Percy Bysshe Shelley e sua moglie Mary si trovavano presso il lago di Ginevra in compagnia di alcuni amici. Costretti a restare in casa per via della pioggia, decisero che ogni ospite avrebbe dovuto cimentarsi nella composizione di un racconto di fantasmi.
La giovane Mary Shelley non aveva neanche l’ombra di un’idea, finché una notte la sua immaginazione venne colpita da un incubo, dove “un pallido studente di arti sacrileghe creava lo spaventoso fantoccio di un uomo“. Shelley aveva carpito i segreti del demone: iniziava così la genesi di “Frankenstein, o il moderno Prometeo”, romanzo gotico per antonomasia.
Anche Stephen King deve la genesi di un suo libro a un incubo ricorrente: in questo sogno l’autore immagina di trovarsi in una vecchia casa intento a scrivere, prigioniero di una pazza omicida.
“Una porta in fondo alla stanza comunica con l’attico”- racconta King- “lo so, che lei è lì, e presto o tardi il rumore della mia macchina da scrivere mi tradirà e lei verrà da me. Arriva come un orribile pupazzo a molla, capelli grigi e occhi da folle, con in mano un’ascia “. Non è difficile riconoscere in queste parole la trama e il personaggio di “Misery”.
It follows, dall’incubo al film
Lo stesso David Robert Mitchell ha preso spunto da un incubo infantile per realizzare “It follows”. “Sognavo di trovarmi nel cortile della scuola e vedere un altro ragazzino che camminava verso di me” -racconta il regista- “E in qualche modo nel sogno, sapevo che si trattava di un mostro. Scappavo, percorrendo un intero isolato e poi mi fermavo ad aspettarlo”.
“Dopo un momento, da lontano, il ragazzo girava l’angolo e continuava a seguirmi. Questa presenza mostruosa poteva avere le fattezze di chiunque, assumendo diverse forme ogni volta che lo vedevo. Molti anni più tardi, quando l’incubo era scomparso, ho pensato che sarebbe stato interessante trasformare quei sogni in un film”.
Dal 6 luglio l’incubo di David Robert Mitchell arriva nei cinema italiani. E proprio come nell’atroce visione del regista, ti darà la caccia. Ricorda: questa oscura presenza non pensa e non ha pietà. Ma soprattutto, non si ferma.